«Il cambiamento climatico minaccia di annullare gli ultimi 50 anni di progressi nello sviluppo, nella salute globale e nella riduzione della povertà». Il relatore speciale dell’Onu sull’estrema povertà e i diritti umani, Philip Alston insiste sul pericolo della crisi climatica: «Il climate change potrebbe condurre oltre 120 milioni di persone alla povertà entro il 2030» Eppure: «Ancora oggi – ha aggiunto – troppi Paesi stanno facendo passi miopi nella direzione sbagliata».
La reazione di Governi e istituzioni si fa ancora attendere, mentre “urgente” non è la definizione sufficiente per dire quanto sia necessario un nuovo paradigma che trovi applicazione pratica nelle nostre scelte quotidiane di ciascuno di noi, nella definizione di nuove politiche.
Se è vero che sono gli stati e le multinazionali che si devono adoperare per frenare le emissioni, noi tutti dobbiamo contribuire:
«Facendo attenzione a quello che mangiamo e dove lo acquistiamo ciascuno di noi può (e deve) portare il suo contributo alla lotta al cambiamento climatico. Ridurre il consumo di carne, scegliendo solo quella da allevamenti estensivi, può essere un primo contributo. Prediligere frutta e verdura coltivata con un approccio agroecologico, prediligendo i mercati contadini o quei prodotti che abbiano un’etichetta in grado di raccontare davvero origine e storia del prodotto» commenta Giorgia Canali del Comitato Esecutivo di Slow Food Italia: «Che sia da consumatori, da produttori, da cittadini o da legislatori dobbiamo agire, grande o piccola abbiamo tutti la nostra dose di responsabilità con cui fare i conti e tutti abitiamo lo stesso pianeta, la stessa casa.»
Tratto da SlowFood