Venezia Verde

ambiente e diritti
17
Ott

Nell’era del Mose in funzione

Un primo bilancio storico e la NUOVA AGENDA.
di Gianfranco Bettin – Con le “prove tecniche” in condizioni reali di mareggiata di questi mesi si può dire che sia incominciata, come in uno spartiacque, l’era del Mose in funzione. Si può dunque tirare un bilancio della lunga fase che l’ha preceduta e cominciare a definire la nuova agenda.
La prima cosa da dire, sul piano ormai storico (il centro di questo primo post sul tema), è che molte previsioni dei critici dell’opera più consapevoli SI SONO AVVERATE.
Altro che il trionfalismo dei suoi fans vecchi e nuovi (ben diverso dal sollievo motivato della città di questi giorni)!
1)Era stato paventato che il tipo di opera scelta avrebbe comportato enormi RITARDI nella messa in sicurezza di Venezia, e così è stato. Annunciato per i primi anni ‘90, poi per la metà di quel decennio, poi per la fine del secolo scorso, poi all’inizio di questo e quindi a metà del primo decennio Duemila e via rinviando, si è infine giunti all’autunno 2020 per vedere in funzione le dighe mobili. Altre soluzioni – più volte illustrate – avrebbero messo in sicurezza Venezia molto prima, forse vent’anni prima, risparmiando danni, soldi, paure, ferite. Non c’è la controprova, dicono i fans. Forse. Però c’è di sicuro LA PROVA che il Mose ci ha fatto perdere almeno vent’anni sulle previsioni e sulle promesse dei suoi stessi fautori.
2)La seconda previsione critica, collegata alla prima, era che il meccanismo che caratterizza l’opera, fin dalle fasi di realizzazione e di test, avrebbe comportato PROBLEMI, difetti, guasti, inciampi (aggravati da scelte specifiche ulteriormente sbagliate, tipo le saldature delle cerniere, ad es.), che avrebbero allungato i tempi, resa l’opera spesso inaffidabile, precaria in alcuni aspetti chiave, e aumentato a dismisura i costi. E’ così è stato.
3)Una terza previsione riguardava la GOVERNANCE formale e materiale dell’operazione, dal concessionario unico e senza gara alla plancia di comando al regime finanziario all’aggio sugli appalti fino alla centralizzazione “militarizzata” delle cruciali decisioni politiche negli snodi fondamentali dell’iter (ignorando o eludendo pareri che avrebbero dovuto vincolare e diversamente ispirare come quello del Consiglio superiore dei lavori pubblici, o la V.I.A., o le stesse prescrizioni della Legge speciale sulla gradualità, sperimentalità e reversibilità richieste all’opera). Si paventava che tale governance avrebbe favorito decisioni non trasparenti, non condivise, agevolando opacità e corruzione, ed è esattamente quanto avvenuto. L’opera “per” Venezia viene approvata “contro” il parere del Comune di Venezia, la decisione politica viene avocata a Roma (e in realtà nella plancia di comando del Consorzio Venezia Nuova e dei suoi “famigli” politici, quelli veneti e veneziani compresi), la corruzione si diffonde e diventa il cuore del processo decisionale (a scapito dell’affidabilità tecnico-scientifica e della prassi “problem solving”, quindi del confronto tra alternative possibili). Di conseguenza, i costi salgono in modo abnorme e i tempi si allungano, mentre Venezia attende esposta alle sempre più frequenti maree medio alte e al ripetersi angosciante e devastante delle maree eccezionali.
Questa fase finisce, da un lato, con l’esplodere dello scandalo e con il commissariamento e, dall’altro, con la (quasi) conclusione e la recente messa in funzione dell’opera. Ci possono essere idee diverse sull’opera, ma è difficile negare che quanto sopra riassunto sia avvenuto. Quindi, molte previsioni e preoccupazioni dei critici più consapevoli dell’opera – nessuno di essi, tra quelli appunto consapevoli, ha mai detto che una tale forza economica e politica non sarebbe riuscita a tirare su le dighe mobili, prima o poi (e vedremo per quanto il sistema resterà efficace) – erano non solo fondate ma sono state CONFERMATE drammaticamente dai fatti.
Sulla NUOVA AGENDA, aperta d’ora in poi e, d’ora in poi, la cosa PIU’ IMPORTANTE di cui occuparsi, se possibile in condizioni NUOVE di trasparenza, tornerò a breve, per non saturare lo spazio ridotto di un post. Il cuore di tale agenda, comunque, non potrà che essere il rapporto dell’opera in funzione con l’ECOSISTEMA lagunare (con la sua morfologia, tutela, ricostruzione, rigenerazione – con un apposito PIANO finalmente, non con interventi velleitari e a “spot” – con la difesa dei LITORALI, ora ancor più in prima linea rispetto al mare), con la CITTA’ (e la difesa delle sue parti più basse, che restano a rischio) e con l’ECONOMIA territoriale (PORTO in primis) nell’epoca dei mutamenti del CLIMA, cioè dell’aumento stabile del medio mare e dell’incremento costante del numero di maree medie, medio alte ed eccezionali.
Questo, fin dalla sua alba ormai molti anni fa, è sempre stato il centro problematico, il nostro punto di dissenso radicale. E questo è L’UNICO VERO TEST a cui sottoporre il Mose e l’intero sistema di salvaguardia d’ora in poi.
Ci tornerò su a breve.

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